La grande pupazzata
Noi siamo come i poveri ragni, che per vivere han bisogno d’intessersi in un cantuccio la loro tela sottile,
noi siamo come le povere lumache che per vivere han bisogno di portare a dosso il loro guscio fragile, e
come i poveri molluschi che vogliono tutti la loro conchiglia in fondo al mare.
Siamo ragni, lumache e molluschi di una razza più nobile — passi pure — non vorremmo una ragnatela, un
guscio, una conchiglia — passi pure — ma un piccolo mondo sì, e per vivere in esso e per vivere di esso.
Un ideale, un sentimento, una abitudine, una occupazione — ecco il piccolo mondo, ecco il guscio di
questo lumacone, o uomo — come lo chiamano. Senza questo è impossibile la vita. Quando tu riesci a non
aver più un ideale, perché osservando la vita sembra un’enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione
mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le
cose, e ti manca perciò la abitudine, che non trovi, e l’occupazione, che sdegni — quando tu, in una parola
vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero, sentirai senza cuore — allora tu non saprai che fare:
sarai un viandante senza casa, un uccello senza nido.
Io sono così. La grandezza, la fama, la gloria, non stimolano più l’anima mia. Vale forse logorarsi il cervello
e lo spirito, per essere rammentato e apprezzato dagli uomini? Sciocchezze! Soffrire i tormenti dell’arte,
dare il sangue delle vene, il sogno delle notti, la pace della vita — per avere in ricompensa il plauso e la
lode dei vermi? Sciocchezze! Io scrivo e studio per dimenticare me stesso — per distormi dalla
disperazione.
(Pirandello)
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